Fuerteventura: testarda come il mare, capricciosa come il vento
Sei partito. Coincidenza: sempre l’aereo delle 18:10. C’è già un vuoto pieno di impazienza e gioia che riempirò nei prossimi giorni con la vecchia penna della vecchia me. Dieci giorni, anzi nove e mezzo, come mi hai fatto notare tu. L’ultima separazione risale al disastroso periodo in cui mi sono rifugiata a Lanzarote. Ci eravamo mancati con tenerezza, e ritrovati con trepidazione. Sono in una bolla, tutto accade come favola, incubo e sogno. Mai vie di mezzo, mai cantucci incolori in cui riposarmi e mai emozioni a metà. Sono al limite della gioia o al colmo della disperazione, e spesso accade che passioni tanto contrastanti convivano in me contemporaneamente. Come può mai essere poi, me lo domando ancora. Stavo appunto pensando che l’insieme di tante cose sia la causa di questo vivere sulle montagne russe. E tra questi il fatto di vivere su un isola (per di più vulcanica) e il clima. Soprattutto il clima, che credo influisca sulla mia vita più di quanto immaginassi o osassi supporre. Sono giorni che ci ragiono, complice il calendario che ci ha ricordato che siamo entrati in autunno. Mah! Qui continuiamo ad andare al mare e a passeggiare in t-shirt. Siamo entrati ufficialmente in autunno e qui a Fuerteventura è tornata la primavera, come il gioco di un bambino che risponde sempre “sì”.
Stavo riflettendo sulle stranezze di questo fazzoletto di mondo, adagiato sull’oceano Atlantico. Contradditorio, randagio, senza tempo. Sembra che qui tutto sia il contrario di tutto e tutto può accadere realmente e poi realmente accade. Incessante, instancabile, beffardo. Questa terra quasi deserta si prende gioco di noi, ci deride, ci culla, ci corteggia e ci confonde. E noi la amiamo, la odiamo, la respingiamo e poi le chiediamo perdono. Pensavo alle vibrazioni di questa terra arida, ai suoi colori statici e vivi, sul fatto che c’è un concentrato di vita nomade, esseri umani sciolti, prescelti o soltanto folli che alle catene hanno scelto le ali e alle sicurezze hanno preferito l’instabilità.
Mondo parallelo, esperimento scientifico, The Truman Show, o solo deformazione professionale che mi fa scrivere invece che pensare, e che mi fa vivere in un mondo tutto mio.
Non avevo però mai pensato all’influenza delle stagioni come adesso. E’ vero che durante il mio primo inverno sull’isola ricordo di essere stata particolarmente emotiva ed impressionata dal sole caldo e testardo che continuava a riscaldare la nostra strana routine, mentre intimiditi addobbi natalizi iniziavano a farsi vedere qua e là. Quella volta avevo realmente creduto di essere nel mondo parallelo. Ero nel pieno di una forte delusione personale che aveva scombussolato le mie priorità e ricordo che la mancata comparsa del freddo, delle mani gelate e dei caminetti accesi, aveva aiutato a confondermi e sconvolgere i miei stati d’animo, contribuendo ad accentuarli. Sarà che il calendario segna l’entrata dell’autunno già da settimane ormai, ma sono ritornata a provare quelle sensazioni forti e curiose. Come mondo parallelo, eventualmente, non è che si sta poi male: primavera, estate e di nuovo primavera, come un bambino che dice sempre “sì”. Un bel cambio direi.
Oggi però mi domando, e per la prima volta seriamente, quanto influenza la mia vita il clima di quest’isola. La risposta è immediata e senza esitazioni: totalmente. Le quattro stagioni sono scandite da tradizioni e cicli che ci portiamo nei geni e sono anche scandite da riti e ritmi che si evolvono pur continuando ad assomigliarsi per la vita intera.
L’inverno per esempio, ci impigrisce e ci anestetizza. Niente di grave, è un pò come il grande riposo del guerriero. Abbiamo la tendenza a rannicchiarci sul divano con la copertina e il telecomando. Compriamo le calze di lana antiscivolo e colorate, facciamo grandi cene con gli amici nel weekend e aspettiamo Natale se è novembre e Pasqua se è febbraio. Così, tanto per progettare qualcosa che aggiunga colori alla routine grigia dei mesi freddi. L’arrivo della primavera, è vissuta un pò come il risveglio dell’anima. Ricordo che tutto mi rallegrava con più enfasi ed ero piena di energia, di colpo più in forma, più attiva, più viva. La prima passeggiata con la giacca in mano e le braccia finalmente libero e leggere. Era come presentarsi di nuovo alla natura, respirare di nuovo la vita che tornava ad odorare di fiori e salsedine, e gli uccellini tornavano a cantare le stesse canzoncine dell’anno prima. La prima passeggiata benefica e liberatoria. L’estate non è altro che il proseguimento naturale e dolce della primavera amica. Apre il cuore, sprigiona impulsi felici e benefici, libera l’istinto animale insito in noi. Ci lasciamo ringiovanire dalla brezza leggera a i piedi scalzi nelle lunghe giornate cadenzate da paesaggi accoglienti e caldi. Tutto questo acuisce i nostri istinti tramortiti dalla società e dall’inverno e realizziamo di avere capacità che avevamo dimenticato, ci riscopriamo creativi e volenterosi. Tutto ci sembra più facile e più realizzabile e il libero arbitrio assume una forma del tutto nuova.
ià l’arrivo dell’autunno è accolto con una certa malinconia, un senso di abituale rassegnazione. Rimettiamo tutto in stand-by. Facciamo un resoconto generale sui mesi estivi appena passati che acquieta, almeno per un poco, quel bisogno di straordinario a cambio di un controllabile e rassegnato ordinario. Rimettiamo la giacca e siamo d’un tratto restii alle lunghe passeggiate che sostituiamo senza problemi con la cioccolata calda. Appendiamo le ali in un angolo del nostro cuore, a portata di mano, non si sa mai. Ci mettiamo in attesa. Di cosa alcuni non lo sapranno mai. Mettiamo in pausa i progetti, l’inconsueto e l’impazienza delle prossime vacanze.
Il susseguirsi di stagioni tanto diverse fra loro forse in un certo senso rappresenta il punto di partenza di quell’equilibrio immaginario che nella società di oggi si vende in serie, preconfezionato e personalizzato. Lo yin e lo yang di ogni aspetto, il bello e il brutto delle nostre relazioni, il giorno e la notte di quelle abitudini tanto rassicuranti.
Dunque qual è la replica ormonale, vitale, istintiva, ed emozionale del mio sé, se invece di quattro stagioni ne vivo due soltanto, le più intense e leggere, come un bambino che dice sempre “sì”? Quale equilibrio è possibile raggiungere per un animo già inquieto, quando l’estate è preceduta dalla primavera, così come la primavera dall’estate? I sensi e gli istinti primordiali restano svegli, senza pause, senza chiuso per ferie o per riforma. Così come restano vigili i progetti e le opportunità.
Il clima caldo e costante allinea i miei bisogni a quelli della natura, e con essa ristabilisce un armonia duratura e speciale. E tutto è precario, possibile, dietro l’angolo. La sensazione è che tutto possa accadere realmente in qualsiasi momento, e tutto realmente accade.
Graziana Morcaldi
Foto di Silvia Panetta